Durante la pandemia, molti fumettisti hanno messo a disposizione i loro vecchi lavori, offrendo alle persone un po’ di spensieratezza in un momento complesso. Leonardo Ortolani, per tutti Leo, ha fatto di più. Ha creato qualcosa di nuovo, condividendo sul suo profilo Facebook le sue sensazioni. 
L’ha fatto utilizzando il mezzo che più conosce, il fumetto. 
L’ha fatto in maniera generosa, donando risate e sorrisi, senza chiedere nulla in cambio. 
“La risata è come un tonico, un sollievo, un rimedio per attenuare il dolore”, scrisse Chaplin. Ortolani quella lezione l’ha appresa, e condivisa. 

Partiamo dall’inizio. Quando è nata l’idea di raccontare la pandemia attraverso delle vignette?
Ho iniziato per gioco, per esorcizzare la cosa e per “commentarla” attraverso il mio modo di vedere le cose, attraverso il fumetto.
Dopo di che, giorno dopo giorno, si è fatta strada l’idea di trasformarla in un appuntamento fisso. Una sfida, per me, che non ho mai fatto una cosa simile.

É stata la sensazione di “voler fare la propria parte” a spingerla verso questo progetto? 
Non avevo idea di “fare la mia parte”, all’inizio, ma più andavo avanti e più mi sono accorto che era diventato un appuntamento importante (a modo suo) per chi lo leggeva. Quei due minuti di tregua con cui si poteva provare a ridere, nonostante tutto.

Per quasi due mesi ha intrattenuto i suoi fan, con una costanza invidiabile. Dove ha trovato gli spunti per sostenere un simile ritmo? 
Gli spunti per le strisce li prendevo da quello che accadeva. Bastava leggere le notizie. Belle e brutte. Soprattutto brutte. E quasi ogni giorno c’erano cose nuove. Oppure ce n’erano talmente tante che non riuscivo a “raccontarle” tutte in una sola striscia quotidiana.

“Andrà tutto bene” ©Feltrinelli Comics

Il progetto si è concluso con la chiusura della cosiddetta “zona rossa”. Cosa ha provato una volta disegnata l’ultima vignetta?
Alla fine, ho tirato un sospiro di sollievo. Ero davvero alla fine pure io. E avevo un libro nuovo da scrivere, per cui non avrei potuto tardare oltre ad affrontare quel progetto. Diciamo che il termine del lockdown è arrivato al momento giusto.
Anche se ci sarebbero state tante altre cose da raccontare, pure nella fase successiva.

Cosa pensa di aver donato ai lettori che la seguivano quotidianamente? 
Un attimo di respiro. Solo quello. Una risata, un sorriso. Un modo per fare coraggio? Non lo so. So solo che, a un certo punto, per molti era diventato un appuntamento importante.

C’è stato qualche commento al suo lavoro che l’ha particolarmente emozionata? 
Ci sono state tante manifestazioni di simpatia e commenti da parte di chi ormai considerava la striscia un appuntamento irrinunciabile. Al punto che, quando tardavo a pubblicarla, mi scrivevano preoccupati “va tutto bene?”. Ma i ringraziamenti più sentiti sono arrivati da medici e personale ospedaliero, che trovavano quelle strisce una piccola boccata d’ossigeno, in mezzo alla guerra che hanno combattuto.

Come è nata l’idea di farne un volume cartaceo? 
A un certo punto mi ha scritto l’amico Tito Faraci, responsabile editoriale di Feltrinelli Comics e mi ha proposto di raccoglierle in un libro. “Una proposta seria”, ha specificato subito, come se potessi dubitarne!

Il formato di pubblicazione è sicuramente particolare. Come mai questa forma insolita?
Il formato l’ho pensato subito così. Mi piaceva l’idea di riproporre il tipo di lettura da “smartphone”, quando scorri le vignette sul piccolo schermo. Non so se riproporrò un formato così per altre cose, dipende sempre dal tipo di progetto. In questo caso, il “mattoncino rosso da 532 pagine” è venuto bellissimo, anche per la cura con cui in Feltrinelli lo hanno realizzato.

Per settimane abbiamo urlato “andrà tutto bene”, sperando che dalla pandemia uscissimo tutti migliori. Per lei è stato così?
Non so se ne sia uscito migliore. Secondo me è come il servizio militare. Un mio amico diceva che “faceva bene a quelli che eran già delle brave persone”, mentre quelli da “raddrizzare” ne uscivano, se possibile, più storti. Qua è successa un po’ la stessa cosa. Io ho solo fatto quello che facevo prima. Obbedivo alle regole di un gioco di società più grande del mio orticello. Con tutti i dubbi e le domande del caso.

Può darci qualche anticipazione sui suoi progetti futuri?
Progetti futuri? A parte un paio di libri in uscita per Bao Publishing, la raccolta di VENERDÌ 12 a settembre e un libro ancora top secret a novembre, mi riposerò, finalmente, dopo venticinque anni di lavoro furioso, fino a fine 2020.
Questo doveva essere il mio “anno sabbatico”.

©La Provincia 04/09/2020